venerdì 10 luglio 2015

My fair schatz

Nel giorno in cui è nato Nikola Tesla me ne sto a casa mia nuda sul letto.
Fa caldo e ho passato quattro ore in areoporto in attesa di tornare.
E poi dicono che gli svizzeri sono precisi e puntuali.
Il mio umore era parecchio altalenante. Mi sono sentita felice, triste, disperata, cazzutissima a livelli stratocosmici, scocciata perché ero bloccata lì e determinata. La determinazione non è così usuale per me. Ma negli ultimi giorni ho: fatto nuoto a livello agonistico e corso tre chilometri (io che non faccio mai sport!), il bagno in un fiume portata dalla corrente, afferrato al volo una fastidiosa mosca come avrebbe fatto Obama, preso in mano un insetto nero per portarlo fuori di casa e poi un ragno con le zampe lunghissime che non stava mai fermo, portato uno zaino pesantissimo che mi fa ancora male la schiena, mangiato sushi per la prima volta e scommesso su un andata-ritorno di fine agosto.
Se ho fatto tutto questo in dieci giorni sento di avere buone probabilità. 
Mi immagino come una donna matura e fiera, che mangia composta, senza poggiare i gomiti sul tavolo e soprattutto che non prende quel cavolo di ketchup. 
Insomma, la zotica fioraia di G.B. Shaw finalmente trasformata in una dama di alta classe! Mi piace pensarmi così, come una che sa sempre come comportarsi, sa quello che vuole e che non sfigurerebbe nemmeno ad una cena di gala a casa degli Obama. Non volerebbe una mosca quella sera. 
Io credo di sapermi comportare. L'ho sempre pensato. Sono cresciuta in periferia, tra i cafoni veri. E sono sempre stata diversa da loro. Ho sempre parlato un ottimo italiano e avuto dei modi educati. Ho letto e studiato. Conosco le buone maniere. Per lo meno le conosco rispetto a un uomo che è stato cresciuto nel bosco da un branco di lupi. Ma rispetto ad un esponente della casa reale inglese mi rendo conto di sembrare un animale del bosco cresciuto da un branco di umani. 
Mi sono sempre sentita un po' fuori luogo, non adatta alla periferia ma nemmeno al centro della città. Sarebbe bello se bastassero un paio di biglie in bocca e un libro sulla testa per imparare ad essere una lady!
Il mio cervello è un po' combattuto. Combatte tra la voglia di sfoggiare all'ippodromo favolosi e scomodissimi abiti di ottima fattura e quella di continuare a vendere fiori totalmente sgraziata.
Ma oggi è il giorno in cui è nato Tesla. E lui è proprio l'uomo che avrei sempre voluto conoscere o essere. Uno scienziato e inventore geniale, misterioso, eccentrico, solitario e un tantino folle. Vorrei che fosse ancora vivo e che mi costruisse una bizzarra macchina per trasformare la volontà in concretezza o un raggio che distruggesse ogni sentimento di insicurezza come se fosse fatto di cristalli di neve. Però Tesla è morto da anni, a New York, e il governo americano ancora conserva come top secret alcuni dei suoi brevetti e dei suoi scritti. Io potrei andare a New York, recuperare questo materiale e vedere se Tesla ha effettivamente lasciato qualche indicazione per le invenzioni di cui ho bisogno. Il problema è che ho bisogno di quelle invenzioni per andare a New York a recuperare gli appunti di Tesla. Un bel paradosso. E una fatica inutile. Perché Tesla non ha mai avuto bisogno di invenzioni del genere e comunque io non sono Tesla né tantomeno una fioraria incolta e poco raffinata. Ancora non appartengo alla periferia nè al centro. Sono il desiderio di essere due cose forse inconciliabili. Il desiderio di non snaturarmi diventando ciò a cui anelo. Sono il desiderio che ora me ne vado a dormire perché ho bisogno di riposarmi, altrimento vaneggio. Poi domani mi sveglio, mi estirpo l'inerzia e compro delle biglie. Se me le metto in bocca invece di giocarci sulla sabbia non vi spaventate: diventare adulti significa solo usare il nostro bagaglio di bambini e adolescenti in un modo altro.

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