mercoledì 18 marzo 2015

Congiuntivo imperfetto

Se Ibsen fosse ancora vivo per leggere queste righe probabilmente penserebbe ad una rivisitazione in chiave contemporanea di Casa di bambola.

Vado dai miei a prendere la macchina. Le questioni pratiche sono sempre state il pressoché esclusivo argomento delle nostre trascurabili conversazioni. Telefonate su telefonate per mettersi d'accordo su chi va a prendere chi o cosa e quando e come. Telefonate a chiedere che hai fatto ieri o come stanno altre persone che non sono io. C'è stato un blackout durato trent'anni nella nostra relazione genitori-figlia. La luce poi è parzialmente tornata qualche giorno fa. Non in tutta la zona e non in tutte le stanze, ma è già qualcosa! 
Salgo su casa e li trovo in vena di parlare. Di come stanno. Mio padre mi dice che gli ho procurato un grande dolore. Anche mia madre confessa di stare male ma subito ci tiene a precisare che non mi vogliono mettere alcun tipo di pressione. Lo dice in modo sincero e le credo. Però sorrido pensando a quanto tutto ciò sia grottesco. Mio padre sta male per colpa mia. Dopo tutto lo stare male che ha causato lui, ora, non volendo, sembra arrivato il mio turno. La conversazione prosegue con una serie di casuali visioni apocalittiche sul mio spettrale ed imminente futuro. E' solo un altro modo per farmi pressioni. Loro però nemmeno se ne accorgono. Sono così abituati a farmi pressioni che hanno finito col convincersi di parlare sempre per il mio bene. Sempre come se poi il mio bene coincidesse col loro. 
Ma la migliore battuta dell'opera spetta a mia madre. Ha iniziato a raccontare di come è dovuta star dietro ai voli pindarici di mio padre e delle cose che ha dovuto lasciar stare per poi asserire che <Amare significa rinunciare>. L'ha pronunciata in un modo così triste che sembrava proprio voler dire: <Amare significa rinunciare alla felicità>. Dio santo, quanto deve essere stata dura per lei? 
Avrei voluto dirle che si sbaglia e che Amare è farsi da mangiare, ma non avrebbe capito. Non puoi vedere l'amore come qualcosa che ti arricchisce e ti nutre se hai appena detto che per te è privazione e impoverimento. Qualche mese fa ho sognato che ero bambina e stavo a casa con mia mamma. Lei aveva un aspetto orribile, sembrava così malata, e finiva per tagliarsi le vene perché mio padre se ne era andato. A quanto pare il fatto che sia rimasto non ha migliorato le cose. 

Insomma, i miei hanno detto le loro battute e io ho detto le mie. Ibsen le ha già scritte più di un secolo fa meglio di quanto io possa fare ora. 
Nora lascia Torvald e la sua vita da bambola. 
Sipario.

venerdì 13 marzo 2015

La ricetta della carbonara

Ognuno la fa un po' a modo suo la carbonara.
Io, per esempio, faccio soffriggere la cipolla con la pancetta, poi abbasso la fiamma e aggiungo un uovo. E giro. Giro senza farlo attaccare alla pentola. Giusto una manciata di secondi, perché l'uovo non deve essere cotto ma nemmeno crudo. Deve essere giusto. E quando è giusto te ne accorgi con l'esperienza. E con un pizzico di intuito. Può esistere un empirismo cartesiano? Per me si ma io non ne so davvero un bel niente. Chiederò ad un filosofo della scienza, non appena ne incontrerò uno.
Ovviamente la ricetta non è completa senza aggiungere sale, parmigiano e pepe nero quanto basta perché si possa effettivamente parlare di carbonara. 
La carbonara mi viene bene. Ne ho fatta un oceano di carbonara in questi anni. 

La frase che in questi giorni mi sento ripetere più spesso è: <Si, ma lui ti ha aiutato tanto>! E io questo non l'ho mai messo in dubbio.
Si, mi ha aiutato tanto e io ho solo fatto la carbonara. Anche Freud mi ha aiutato tanto e l'ho pagato caro. Anche Gutenberg mi ha aiutato tanto e io non gli ho portato mai nemmeno un fiore. Certo che mi ha aiutato tanto e certo che gli devo molto. E se c'è stato qualcosa da pagare l'ho sempre fatto volentieri. Però..

Vorrei che l'amore fosse solo farsi da mangiare.

mercoledì 4 marzo 2015

La banalità del bene

Non sono mai stata molto curiosa di conoscere che effetto facesse una sostanza stupefacente o di come funzionassero le cose.  
Sono sempre stata curiosa di sapere degli esseri umani, di come funzionano le persone.
Al liceo le biografie erano la mia parte preferita. Perché se uno era un genio ma non era stato felice, allora a che serviva tutta quella genialità? Sarai pure ricordato nei secoli ma hai vissuto una vita da schifo. Bella soddisfazione! Andatelo a chiedere a Van Gogh, Galois, Wallace.. Pensatori, poeti, condottieri, scrittori, matematici, filosofi, scienziati.. tutti uomini di gran fascino e di cui volevo conoscere la vita. Come avevano vissuto? 
A quattro anni non capivo niente dei meccanismi che regolano i rapporti tra le persone e ancora meno delle emozioni. Era tutto oscuro e ingarbugliato. A trentaquattro anni ci sono ancora molte cose che non ho capito. Credo di essermi data delle spiegazioni molto sommarie ed infondate. Ma quando sei una bambina e cerchi di capire cose che non puoi capire da sola alla tua età, allora ci sta che trovi delle soluzioni sommarie ed infondate. Tutto sommato è andata bene. Speravo che la vita di grandi uomini potesse essere utile per dissipare un certo groppo emotivo ma alla fine, per quanto fossero eccelsi, rimanevano esseri umani come gli altri, infelici e felici allo stesso modo. Non c'è una sorta di formula chimica o matematica che possa tenere insieme le persone, non c'è nulla. Non è come la timina che si lega immancabilmente all'adenina nella doppia elica. E lo fa sempre, senza stancarsi mai, da millenni. E sempre lo farà, perché una legge regola la loro unione. 
Ma tra le persone è tutto diverso. Non c'è legame idrogeno che tenga. Le persone si uniscono e sono felici, spesso sono profondamente felici e per molto tempo. Ma poi può capitare che il loro legame si faccia instabile, finendo per rompersi. Nessuno è in grado di trovare un motivo valido. E' così e basta. Le persone si legano e si separano nella stessa maniera, perché accade. Tutto molto banale. Volersi bene è banale. Non volersi più bene come un tempo è altrettanto banale. Capita ogni giorno a milioni di persone. L'amore è un sentimento sdrucciolo, direbbe Pessoa.