martedì 31 dicembre 2013

La notte degli aspettamenti

E' anche chiamata notte di San Silvestro.
Io preferisco chiamarla notte degli aspettamenti, trovo che sia un nome più appropriato. In fondo stasera aspettiamo tutti qualcosa. E facciamo dei bilanci e anche una lista di buoni propositi illudendoci che stavolta, l'anno che verrà, è la volta buona che depenneremo i punti di quell'elenco dal primo all'ultimo. Si, lo pensavo anche io qualche anno fa. Che avrei fatto la brava bambina, che per l'anno venturo avrei raggiunto i miei obiettivi e che avrei ottenuto dei risultati concreti. Lo pensavo e lo speravo come tutti, nella notte degli aspettamenti.
Ma poi non era mai così. E ci ho rinunciato. Basta liste ingannevoli di agghiacciante bontà autodistruttiva e frustrante. Tutti si aspettano qualcosa da stanotte. 
Che inizi un 2014 meraviglioso e felice, che il cibo sia buono e lo champagne secco, che la serata sia divertente e la musica bella, che il nuovo anno sia migliore del precedente, che non si spenda troppo ma se ne vale la pena anche si, che arrivi Harry, che ci divertiremo tantissimo, che le stelline di termite e zolfo che si agitano a mezzanotte non ci buchino il maglione come puntualmente accade, che le lenticchie facciano il loro dovere, che avremo tante soddisfazioni, che perderemo peso, che saremo sempre sinceri ed onesti e faremo solo ciò che ci piace, che.. chi più ne ha più ne metta..
E' impossibile non aspettarsi niente nella notte degli aspettamenti, quindi inutile combattere contro i mulini a vento dell'inconscio. Sono un'ottimista da quattro soldi e continuerò a sperare, ma mai e poi mai farò liste! Nessun buon proposito per il 2014, nessun elenco puntato o numerato che mi faccia ricordare, tra un anno, quanto sono stata inetta ed ingenua. Soprattutto ingenua.
So che questa è solo una tregua. Di solito tregua è il nome che dò a questo periodo dell'anno. Buon fine tregua e buona notte degli aspettamenti a tutti. 
Io per stanotte spero solo di andare a letto presto e che il nuovo anno sia diverso. 

giovedì 19 dicembre 2013

Non mi viene nessuno stupido titolo

Non c'è niente che un buon libro non possa aggiustare. 
Un buon libro o un trapano elettrico. 
In questo momento mi trovo sprovvista di letture accattivanti e purtroppo non possiedo nemmeno un trapano. Con un trapano riuscirei a perforare la mia calotta cranica e a farmi finalmente uscire dalla mente tutti i pensieri tristi e dolorosi. Resterebbe però un bel buco. E le persone non possono tappare buchi. Te li devi tappare da sola i tuoi buchi ma devi prima imparare come. Devi anche convincerti e credere fortissimamente che siano buchi tappabili i tuoi, altrimenti non ce la fai a chiuderli definitivamente facendo un lavoro pulito e duraturo. Finisce che alla prima alluvione viene giù tutto e ti ritrovi con buchi ancora più grandi e profondi! 
Le persone non possono tappare buchi e il dolore non lo puoi mandare via affollandoti di più. Ti riempi la mente di altro sperando che alla fine qualcosa uscirà, perché lo spazio è limitato e prima o poi dovrà finire! E' qui che rimani fregato: magari riesci a liberarti di un pensiero doloroso ma in realtà non lo hai eliminato affatto, lo hai solo sostituito con un altro pensiero, un pensiero inizialmente felice e verso cui nutri grande fiducia ma che come gli altri marcisce e si deteriora nel giro di poche settimane trasformandosi a sua volta in pensiero doloroso. Così ti ritrovi a dover ricominciare tutto da capo. Se vuoi farcela devi trovare lo stucco giusto. Sta a portata di mano ma devi imparare a riconoscerlo. Nessuno te lo può indicare né vendere né regalare né prestare.. è un cavolo di stucco su misura. E lo pagherai caro.

mercoledì 11 dicembre 2013

Lalalala..

Andare al cinema di pomeriggio. Succede, in questo periodo dell'anno. 
Il cinema di pomeriggio è il cinema dei bambini, dei vecchi o di entrambi. Il mio ieri era il cinema dei vecchi. Eravamo in tutto dieci, forse meno, età media 63 anni, forse più. Un cinema tutto per noi, in cui poter liberamente decidere dove sedersi: già da quello capisci molto delle persone. Chi si siede laterale, chi centrale, chi a metà sala, chi più avanti. Io ero all'ultima fila, quella che dietro non hai nessuno, solo il muro. Da lì puoi vedere tutti. I miei preferiti sono quelli che vengono al cinema da soli. Quelli varrebbe la pena di conoscerli. Ieri il film ce lo siamo visti insieme ed ho avuto l'impressione che condividessimo più di una pellicola. Abbiamo condiviso l'idea del cinema di pomeriggio, dei sedili vuoti lasciati tra di noi, del sederci senza impallarci, ognuno nella sua fila preferita. Eravamo belli, più del film.. per quei novanta minuti siamo stati qualcosa. Poi le cose finiscono, arrivano i titoli di coda ed ognuno se ne va per la sua strada. Il signore che se ne stava da solo seduto sulla destra è stato l'unico a rimanere a leggere i titoli di coda, ad aspettare che non ci fosse proprio più niente da vedere. Questo non fa che avvalorare la mia tesi. 

Stanotte non riuscivo a prendere sonno. Non è così strano. Ultimamente capita. Però stanotte avevo della musica che mi suonava in testa. Non so il motivo, probabilmente non ce n'è uno. Sentivo i tasti del piano e la malinconia. 
E la conosci bene questa sensazione. No, non la conosco affatto. E non è una specie di ottimismo senza una ragione. Non ho idea di cosa sia. Lo conosco l'ottimismo senza una ragione e non era quella la mia, di sensazione. Non so di che sensazione stiamo parlando. Stanotte non era importante saperlo, volevo solo addormentarmi il prima possibile. Invece niente.. un giorno dopo l'altro il tempo se ne va però la speranza non è ancora un'abitudine. Non spero niente e non posso tornare a casa delusa. 
Mi resta da capire quella sensazione lì.

venerdì 6 dicembre 2013

Sogno emetico

Stanotte non ho dormito niente. Alle sei e quaranta mi sono alzata e sono uscita. Avevo il mal di stomaco e la tachicardia: forse è solo ansia, forse è solo il freddo, forse è tornare tardi la sera. Più verosimilmente un insieme di tutto. Ho dormito a malapena un'ora ed ho sognato. Lo so perché me lo ricordo. 
Ho sognato di vomitare. Vomitare persone. 
Può sembrare raccapricciante è vero, ma non era così disgustoso, più che altro aveva del grottesco. Vomitavo persone, persone che ho conosciuto e che conosco. Il bello del vomitarle è che poi stavo meglio. Mi sentivo bene, come succede nella realtà quando ti rimane la cena sullo stomaco: una volta che la rigetti provi subito un certo miglioramento. E così era nel sogno, a parte che rigettavo uomini al posto di rigatoni con la pagliata. Era come se in qualche modo avessi il bisogno di eliminare quelle presenze. Troppe persone sono rimaste dentro, con le loro azioni e parole, a creare un ambiente malsano, a farmi stare male.. ad un certo punto arriva il momento di tirarle fuori, rigurgitandole sull'asfalto e lasciandole lì ad aspettare che il sole le secchi e ne rimanga solo un alone che il tempo renderà sbiadito.
Nel sogno l'elenco degli insalubri era comunque molto esiguo e parecchio datato.. magari prossimamente ci sarà un aggiornamento di emesi! In ogni caso l'ho interpretato come un modo inconscio per dirmi: <Liberati!>

giovedì 5 dicembre 2013

?

Oggi il mio Freud ha definito questo <..un momento importante e delicato di una giovane donna che si affaccia alla vita, in cui tutto è un punto interrogativo>. Mmmm.. Non ci sa fare molto con le parole. Ma forse è meglio così, a me piacciono fin troppo le parole, subisco il loro fascino. Mi attraggono e mi conquistano, non è quasi mai un bene.
Oggi il mio Freud ha perfino sbagliato un congiuntivo e più tardi ha candidamente ammesso di non essere molto ferrato su Jung. Ho delicatamente evitato di fargli notare il mio disappunto. Anche perché oggi sembrava che tutto quello che dicessi fosse così interessante per lui! Mi ha fatto sentire come quando alle elementari la maestra mi metteva ottimo al tema. Un banale e mal scritto temino da scuola elementare, in un corsivo incerto, con qualche segno di biro rossa a correggere la punteggiatura.. eppure meritava un ottimo! Una cosa che succede solo alle elementari e che non ci sembra assurdo perché quando accade facciamo le elementari, appunto. Capitava di festeggiare per giorni per un ottimo alle elementari e magari ci si guadagnava anche qualche regalo. La sensazione è stata quella, regali a parte.

Sono andata a casa dei miei in autobus. E' da ieri che prendo l'autobus e non succedeva da tanto. Forse è per questo che mi è piaciuto. Una cosa che non capirò mai dell'inverno è come possa esserci il sole e quel bel cielo azzurro sopra di noi e contemporaneamente fare tanto freddo quaggiù. Cioè, non è che non lo capisco.. lo so che dipende dall'asse terrestre e da come è inclinato rispetto al Sole e bla bla bla.. però.. riesce comunque a stupirmi. Esistono e succedono cose che ci lasciano senza parole e anche se cerchiamo di spiegarle e magari riusciamo perfino a capirle, continuano a stupirci. Un po' come prendere ottimo per un temino insignificante.

martedì 3 dicembre 2013

Il terremoto non aspetta

Dieci anni meno un mese, giorno più giorno meno. A poche settimane da Natale.
Che tempismo! Dovrei annoverarlo tra i miei segni particolari.
Non si dovrebbe stare soli a Natale. E' tra le regole auree. Ma le regole auree non esistono. Non si dovrebbero fare tante cose e io sono così stanca. Non ci sono riuscita. Non sono riuscita a lasciare tutto come stava, a non farmi domande, a non volere di più, a non sentire quella dannata morsa. Il momento non è complicato, è proprio sbagliato! Del tutto inadeguato, sconveniente, inadatto, inopportuno. Un momento adatto però non esiste, o è a me che non ne è venuto in mente nessuno? No, non esiste. E dire che non esiste il momento giusto è come dire che tutti i momenti sono giusti. Almeno per il mio cervello è così.
Vorrei essere una bella mediocre. E lo so per certo che non sono l'unica a pensarlo. Per ora quindi sono solo poco originale. Per essere una gran bella mediocre mi devo impegnare molto molto di più. Ho paura che sia comunque un obiettivo impossibile da raggiungere. Ci devi crescere mediocre.

A quattro anni ho conosciuto la vita ed ho passato i successivi ventinove a cercarne i perché. Volevo capire. Volevo trovare il modo di difendermi. Volevo evitare di sbagliare. Volevo illudermi che io ce l'avrei fatta. Ma ho fallito. Ed ora che non so come sono credo di iniziare a capire.
Ho voglia di stravolgere tutto. Inarrestabile e pericolosa. 
Così ho iniziato il terremoto. Di quelli che si, fanno crollare i palazzi e distruggono città, però non fanno tabula rasa. Le macerie rimangono lì e si fanno vedere, si lasciano ispezionare (Non è che con un colpo voglio fare piazza pulita di una vita o di dieci anni!)
Il terremoto non aspetta. Non è che ti lascia vestire e prendere le cose a cui tieni di più. Ti butta fuori di casa e se ne frega se è Natale o il tuo compleanno. Non puoi fermare la natura. (Questa me la segno!)

E' la prima decisione che sento di prendere da sola. Completamente sola. E senza un'alternativa, senza paracadute. Finalmente sceglierai. E' talmente doloroso. Mi sono violentata per ventinove anni di fare, dire ed essere quello che gli altri si aspettavano. Soltanto perché non volevo più essere sola, non come a quattro anni o a undici o a quattordici o a.. Ho un gran mal di testa. Se ci penso però.. A quattro anni ero sola e ce l'ho fatta. A quattordici anni ero sola e ce l'ho fatta. Passerà anche questo e poi.. non lo so poi che succederà. Non ne ho veramente idea. Sono arrivata a cinque anni, sono arrivata a quindici anni ed arriverò a trentacinque, passando per i trentaquattro.

giovedì 21 novembre 2013

Un altro.

Un altro giovedì.
Se ne sta come una spina nel fianco nel mezzo della settimana.
Mi fa svegliare presto e mi ricorda con spietata indifferenza che sta finendo un'altra settimana poi, rendendosi adorabile, preannuncia il weekend.
Un altro giovedì di un'altra settimana della stessa vita, avrei detto qualche tempo fa.  Soltanto perché ero la stessa me. Adesso però di giovedì sera posso andare a ballare e quando ballo non penso a niente, sento solo la musica e rido. Tanto. Così posso permettermi di non pensare al male del giovedì ma solo al miele.
Male di miele, male di miele, male di miele.. ci sta bene come sottofondo..
Non guarderò più il giovedì con gli stessi occhi. Eppure ne vorrei un mese intero di giovedì. E un altro. E un altro. E un altro...

sabato 16 novembre 2013

La vita è un casino ed altre ovvietà

<La vita è un casino>
Pronunciando questa banalità mi sono svegliata oggi.

<La vita è un casino>
In una vita precedente devo proprio essere stata un filosofo.

<La vita è un casino> e io mi sento al centro di questo caos.

Devo aver fatto davvero un sogno fondamentale. Purtroppo ne ricordo solo frammenti.. peccato perché per svegliarmi pronunciando un aforisma di tale portata (un aforisma per il quale i posteri mi ricorderanno e che verrà inserito in una di quelle tristi liste di aforismi che si trovano su internet, giusto qualche lettera prima di Fabio Volo e Oscar Wilde!!!)  devo aver fatto quello che gli esperti chiamano il Grande Sogno!  
Il Grande Sogno è il miraggio di tutti i sognatori, il fine ultimo di ogni essere umano con la vita incasinata che cerca una sua pace mentale lottando tra ansia e rassegnazione, insoddisfazione e serenità, desiderio e attesa, impulsività e raziocinio.. e chi più ne ha più ne metta, la lista è pressoché infinita e ognuno ha un po' la sua ma non è questo il punto. Il Grande Sogno è il sogno esplicativo per eccellenza. Tu lo fai e capisci in un attimo tutto, tutto quello che devi fare, tutto il tuo passato-presente-futuro. Praticamente è lo spiegone, quello che di solito fanno nelle serie televisive per non perdere il loro pubblico di vecchi.. è  la stessa cosa ma lo fa il tuo inconscio. Cerca di aiutarti, di mostrarti la via e di semplificarti la vita (non risolvertela! la vita non si risolve!!!).
Se al mattino non ricordi quasi nulla del tuo Grande Sogno allora sei fottuta, ma solo se ti senti fottuta. Io non mi ci sento, anzi.

Dopo aver pronunciato <La vita è un casino> (Dio che profondità quando mi ci metto!) mi sono resa conto di essere sveglia e di essere sola. E' stato un venerdì triste, solitario, uno di quelli da zitella che mangia il gelato col cucchiaio direttamente dalla vaschetta, piangendo per tutto e per niente che poi niente non è mai, ma a lei piace dire così.
Ho fissato il soffitto per almeno diciotto minuti. Finché ho capito una cosa. Voglio essere la donna della mia vita. Non la donna della vita di qualcun altro. Della mia! Voglio svegliarmi la mattina trovandomi bella, mi voglio piacere da matti nonostante i casini interiori e gli irrisolti che ognuno si trascina come zavorre. Voglio essere la donna della mia vita, no che poi un giorno smetto di piacermi, mi stanco di me e vorrei lasciarmi. Non funziona così, non ci si riesce a scappare da se stessi, per fortuna ahimè non ci si può lasciare.

giovedì 14 novembre 2013

Mai stata splendidamente peggio

Freud non c'è per tutta la settimana. Sta tentando di disintossicarsi e non ha lasciato nessuno a sostituirlo. La prossima volta che ci vedremo saranno passati quindici giorni, ma sarò ancora viva. Non sto male, non c'è nessuna crisi in atto però non mi sento nemmeno bene. Una dipendenza, seppur terapeutica, è pur sempre una dipendenza e provoca gli stessi sintomi di astinenza di una qualsiasi, banale, mediocre sostanza d'abuso. Così arriva l'insonnia, il tremore, l'ansia, l'inappetenza, il mal di stomaco e la terribile voglia di caderci di nuovo. Non sto male, non sto bene, sto e basta.
La cosa che mi preoccupa di più è dover ricominciare da capo. Spero non accada ma di solito è così.. passa del tempo, anche poco, e io dimentico, chiudo fuori le cose e resto dentro oppure chiudo dentro le cose e resto fuori. 
In entrambi i casi sono alle prese con un problema di ingranaggi e di muratura e sono scombussolata, decisamente scombussolata. Forse funziona e la cosa mi piace. 

mercoledì 30 ottobre 2013

Quando?

Quand'è che una ragazza diventa donna? O un ragazzo uomo?
Se lo chiedessi a mia madre probabilmente direbbe quando ci si sposa o si fanno dei figli. Io invece ci ho pensato senza arrivare ad una soluzione. E' una domanda difficile e forse non esiste una risposta universalmente valida, quindi inutile scervellarsi!
Per alcuni è solo una questione di età ma ammetterete che è una spiegazione piuttosto vaga e carente (c'è forse una precisa età in cui ci si può dire donna? che so, i vent'anni? o magari i trenta? i trentadue? come posso quantificare questa famigerata età? va calcolata in base a peso e altezza???)
Che la trasformazione coincida con la comparsa, in femmine e maschi, dei caratteri sessuali secondari è indubbiamente infondato: non si può certo parlare di donna e uomo a dodici o quattordici anni! Mmmm.. no, non ci siamo.. 
Alcune persone sono dell'idea che si diventi donna e uomo quando si raggiunge una certa maturità e responsabilità. Maturità e responsabilità. Mai parole furono più vacue per le mie orecchie. Maturità e responsabilità. Non mi convincono affatto. Anche il dizionario fatica a dare una precisa definizione dei due termini, e se fatica lui figuriamoci io! Se si affida lo stesso compito ad un bambino di dieci anni e ad un adulto di quarantadue (che so, lavare il cane) probabilmente lo faranno entrambi con la stessa maturità e responsabilità (entrambi useranno acqua e sapone, laveranno il cucciolo con cura e poi lo asciugheranno con un telo)! Certo ci sono compiti che difficilmente un bambino può eseguire, ma lì torniamo alla questione dell'età.. 
Altri identificano nell'acquisizione dell'indipendenza il momento in cui si diventa donna o uomo, ovvero quando si agisce secondo la propria volontà e autonomia. Mi piace, anche se mi sembra utopistico.. è davvero possibile essere indipendenti da tutto e tutti e fare sempre e solo ciò che si vuole? Non è forse vero che il compromesso è una parte considerevole dell'età adulta? Parliamone e troviamo un accordo!
Nel frattempo credo che la migliore risposta alla domanda <Quand'è che una ragazza diventa donna?> sia: <Alle 21:30, di martedì>

domenica 8 settembre 2013

Vacanza o non vacanza

C'è voluta una settimana per riprendermi dalla vacanza che poi tanto vacanza non era.
Tre settimane al Fringe Festival di Edimburgo. Ed il bello è che non è stato fare uno spettacolo al giorno tutti i giorni a stancarmi, nè alzarsi presto per andare a fare volantinaggio e promozione allo show, tanto meno vedere altri spettacoli la sera fino a tardi.. questa è stata la parte migliore! Mi ha stancato e stressato la convivenza. L'ultima settimana non sopportavo più nessuno. Vivere in un appartamento con altre dodici persone non fa per me! Almeno non per tre settimane e non così, non con loro. Fare uno spettacolo insieme non sempre significa essere amici anche fuori dal palco. Quello è lavoro, non ci si paga l'affitto e non dà certezze ma per me è lavoro, lo vivo come tale e lo faccio con professionalità. Mica potete pretendere che mi stiano anche tutti simpatici e per giunta per tre settimane di fila! E poi a me piace anche stare da sola, anzi.. l'ho preferito la maggior parte del tempo piuttosto che stare in mezzo a quel misto di egocentrismo e simpatia forzata. Ma poi perché fare tutto insieme? si è un gruppo anche senza vivere incollati 24 ore al giorno! Mica venivamo squalificati a starcene un po' anche per i fatti nostri.. C'è un tempo per stare per conto proprio e un tempo per stare insieme mentre in queste tre settimane sembrava che si dovesse fare tutto in simbiosi! Si faceva colazione e poi ci si preparava per volantinare in gruppi di quattro-cinque persone ma, prima di uscire, si doveva aspettare che fossero tutti pronti, anche chi si svegliava puntualmente in ritardo o impiegava ore e litri d'acqua a farsi la doccia. A pranzo, e molti chilometri dopo, si tornava a casa per mangiare tutti insieme, in seguito ci si riposava una mezz'ora (una buona scusa per starsene nella propria camera) ma non appena si chiudevano gli occhi era arrivato il momento di prepararsi per andare a fare lo spettacolo. Si arrivava alla venue, si andava in scena e subito dopo ci si riposava per un'ora circa nel locale vicino, commentando lo spettacolo e mangiando tè, cappuccino o Curiosity Cola accompagnati da torte dalle smodate calorie e dagli insoliti e piacevoli abbinamenti come barbabietola e cioccolato. Barbabietola. Non avevo mai mangiato barbabietola in vita mia.. da quando ci si fanno i dolci? Ho sempre pensato che barbabietola fosse un'ottima parola da fare a Scrabble quando sul tabellone c'è già la parola BARBA e le tue sette lettere formano la parola B I E T O L A: attaccando bietola a barba metti tutte le lettere e ricevi perfino un bonus di 50 punti, praticamente hai la partita in pugno! Ecco, ora ho rivalutato la barbabietola anche come pianta commestibile e devo dire che abbinata al cioccolato fa la sua figura.. Ma torniamo alla mia vacanza-non vacanza: mangiando dolci burrosi e cappuccini mal fatti si decideva cosa fare del resto della giornata e della serata. Ovviamente chi aveva altri programmi poteva seguirli ma il gruppo, questo essere informe e indefinito, l'avrebbe sicuramente presa come un'offesa imperdonabile ed indelebile. A quanto pare non sono un essere sociale al punto da sopportare una convivenza simbiotica e longeva, piuttosto sono un essere sociale part time e a numero limitato e qualche offesa indelebile l'ho commessa di certo.
Chissenefrega! Non sopporto le dinamiche di gruppo malate ed insane che si instaurano tra individui altamente accentratori e provvisti di ego visibile dallo spazio! Per tre settimane non c'è stata una conversazione accogliente e inclusiva, praticamente si parlava solo tramite battute o tentativi di esse. Era una sfida a chi fosse più spiritoso, un continuo di scherzi e battute simpatiche, anche contro i proprio compagni e colleghi, o per lo meno io l'ho vissuta così.. piuttosto che sostenersi ci si accaniva contro qualcuno, giusto per mettersi un altro po' in luce a scapito dell'autostima altrui.
Ecco il vero grande problema: la mia autostima è marcia e cadente. Quindi, in fin dei conti è stato tutto un problema mio: ho una bassa autostima e non riesco ad integrarmi, non sono capace di fare il primo passo e vorrei che gli altri lo facessero nei miei confronti (presuntuosa che non sono altro!) così, per non sentirmi ancora più frustrata, mi comporto da asociale impenitente. Dio benedica i meccanismi di difesa!

mercoledì 31 luglio 2013

Succede anche nelle migliori famiglie

Finalmente te ne vai di casa lasciando il nido ed una coppia di genitori inconsolabili quand'ecco che, dopo appena nove mesi, i tuoi che fanno? Ristrutturano tutta casa! Via i vecchi pavimenti, i bagni, la cucina.. ma soprattutto via per sempre camera tua. Succede anche nelle migliori famiglie. Il figlio se ne va e i genitori si danno alle smantellate folli e allo sgombero selvaggio.
Così, da un momento all'altro, si liberano della mia cameretta (lacrimuccia) e io mi ritrovo a dovere inscatolare centinaia di cose e a decidermi di buttarne altrettante. Tutto questo senza preavviso, a ridosso dell'estate e in un periodo che non ho un momento libero: tempismo perfetto! La mia camera diventerà la loro camera e la loro camera un'altra stanza da occupare a piacere. Non oso immaginare dove finiranno tutte le mie cose e in che stato verranno ridotte.
Lo ammetto: soffro di una leggera forma di disposofobia, ovvero conservo praticamente tutto e fatico a disfarmi di qualsiasi tipo di oggetto, abito o pezzetto di carta. Normalmente la mia camera sembra sull'orlo dell'esplosione. Anzi, sembra sia già esplosa da anni ma invece di ricostruire ho continuato ad ammassare macerie. Ho accumulato e accumulato per più di vent'anni cose di tutti i tipi ed ora che me le ritrovo davanti, portate alla luce come preziosi reperti da uno scavo archeologico, non so davvero come gestirle. Cosa tenere? Cosa forzarmi a buttare? Tante di queste cose nemmeno le ricordavo più anche se le ho conservate proprio con l'intento di ricordare. Non è per questo che si accumulano oggetti?
La maggior parte delle cose stipate nella mia camera sono legate a ricordi, molte altre le ho conservate pensando che un giorno mi sarebbero potute servire (arriverà mai quel giorno?), altre ancora le ho tenute semplicemente per collezionarle o per salvarle dall'usura e dall'oblio. Fatto sta che ora sono alle prese con una moltitudine di oggetti e devo decidere del loro destino: chi diventerà spazzatura e chi continuerà ad ingombrare casa o quel che ne resta? Sono due settimane che cerco di togliere tutto e di liberare la mia camera ma non ne vedo ancora la fine! Possibile che ci sia tutta questa roba? Sembra infinita. Quando se ne stava tranquillamente stipata dava l'impressione di essere molta meno! Non ne posso più e vorrei buttare tutto, indistintamente.. poi però non ce la faccio perché penso che rischierei di disfarmi di qualcosa di prezioso. Tutto questo portare alla luce e scavare nelle macerie di una vita mi sta stressando.
Ho ritrovato poesie scritte sulle agende pubblicitarie regalate da negozi che ora non esistono più, mucchi di cartoline con i francobolli in lire, album di figurine completi e figurine sparse orfane di album, disegni vari e abbozzi di storyboard, giocattoli e gadgets insoliti, carta da lettere con busta abbinata che ho conservato perché all'epoca ritenevo fossero troppo carine per usarle mentre ora iniziano ad avere i bordi ingialliti.. comunque non saprei davvero a chi scrivere una lettera, una lettera vera, cartacea! e per di più usando carta e busta con fiorellini, cuori, orsetti o altre fantasie leziose e tipicamente adolescenziali. Che poi, è sano rileggere i pensieri di quando si andava alla scuola media o al liceo? i sogni e le aspirazioni rimasti tali? i diari di scuola con le dediche e i numeri di telefono di persone con cui siamo cresciuti e a cui volevamo bene e che non abbiamo più visto, nemmeno per caso? e i bigliettini e le lettere degli ex fidanzati? è sano rivedere le foto di quando ci si vestiva solo perché era necessario farlo ma fosse stato per noi anche no? (queste foto le riconosci subito perché il primo impulso è quello di distruggerle per  impedire a chiunque altro di vedere come ti conciavi ma subito dopo prevale la tenerezza così le tieni a tuo rischio e pericolo: è stato stimato che il ritrovamento fortuito di foto imbarazzanti del partner causa più del 12% delle rotture sentimentali annue)!
Forse non è sano ma a tratti è divertente, così metto tutto negli scatoloni e se ne riparla tra chissà quanti altri anni ancora, magari alla prossima ristrutturazione.. sempre che quello che sto insensatamente conservando riesca a sopravvivere alla salubre mania di pulizia di mio padre!

giovedì 27 giugno 2013

Del caldo ed altri tormenti

Il caldo asfissiante e disidratante della scorsa settimana sembra passato ed è arrivato un freschetto subdolo che fa raffreddare, etciù! 
Questa casa era diventata un forno, e dire che il forno nemmeno ce l'ha.. è talmente piccola che in cucina non è entrato! Finalmente ci si può di nuovo vivere, cucinare, dormire la notte. Non si sente nemmeno più il lamento del gatto che si struggeva d'amore. Il povero micio miagolava giorno e notte senza darsi pace, cercando disperatamente di attirare l'attenzione di qualche femmina. Possibile che non si trovasse più una femmina nel quartiere? Dove saranno finite tutte le gatte del circondario? Alla fine deve averne trovata una o forse ha semplicemente cambiato quartiere in cerca di maggior fortuna. Meglio così, per entrambi. Il suo lamento mi faceva stare male, mi dispiaceva per lui ma non sapevo come aiutarlo.. purtroppo non avevo amiche da presentargli! 
Il micio in calore e il calore climatico mi hanno lasciato per giorni inerte e prostrata (anche la pressione bassa ci ha messo il suo zampino!) così, mentre me ne stavo esanime sul letto, mi sono ritrovata a meditare su fatti accaduti nei giorni precedenti. Prima di tutto ho tamponato un cassonetto dell'immondizia con una macchina non mia (sigh!) e ho abbozzato e rigato tutta la fiancata destra (sob!).  Non me ne capacito.. non è possibile che ho tamponato in un modo così cretino, girando dal vialetto di casa sulla strada principale! Sono più che certa che quel coso si sia mosso! Poi, una volta toccato l'angolo del cassonetto, non è che mi sono fermata e sono tornata indietro per rifare la manovra e limitare i danni.. NO!!! io ho continuato a girare per distruggere per bene la fiancata, pensando "Vabbè, ho toccato appena appena!".
Freud dice che è colpa dell'inconscio: tutto ciò significa che voglio entrare a fondo nelle cose o che perlomeno ci sto provando.. Freud, ma dico, ti sei ammattito? Non sarà colpa del caldo che mi ha rimbambito e accecato? Che c'entra l'inconscio con la mia incapacità e con un cassonetto grosso e nero? Freud direbbe che il cassonetto grosso e nero c'entra e come.. argh..
A parte l'incomprensibile inconveniente, ultimamente ho avuto delle piacevoli manifestazioni di affetto da parte di persone che, in futuro, potrei quasi definire amici. Io sono abbastanza negata con l'amicizia. Ho avuto amiche in passato, amiche molto strette e a cui volevo un gran bene ma le ho tutte perse, per errore mio di solito. Faccio sempre qualche cazzata che rovina tutto. Più che altro non dico.. Fatto sta che l'amicizia mi lascia un poco diffidente e che sono davvero pochi quelli che posso definire amici. La maggior parte sono conoscenti o colleghi, parlare di amici mi sembra esagerato. Non sono brava nei rapporti sociali. Eppure c'è chi vorrebbe essermi amico e conoscermi meglio.. la cosa mi spaventa e mi rende sospettosa,  oltre a farmi anche piacere, ovvio. Sono combattuta tra dare una possibilità a chi mi tende la mano e fuggire via. Sembro uno di quei gatti randagi, spelacchiati e affamati, che rimangono a distanza dallo sconosciuto che gli offre dei croccantini, indecisi se fidarsi o piuttosto rimanere a stomaco vuoto e filarsela. Un gatto guardingo ma tentato. 
Possibile che lo sconosciuto in cambio di cibo voglia solamente carezze e fusa? Si può addomesticare un gatto forastico? Miao..

giovedì 30 maggio 2013

Ceci n'est pas un post

"Maggio sta finendo e un anno se ne va.. sto diventando grande, lo sai che non mi va.."
Non cantavano così i Righeira? Ah.. quanta saggezza negli anni '80! E quanti ciuffi ossigenati, colori fluo e spalline improbabili.. fortuna che, grazie a mamma e papà, ero bambina in quegli anni.

Un anno e un mese fa avevo 32 anni e ho aperto questo blog per riordinare le idee, per capire cosa fare da grande e per darmi una smossa. Ora ho 33 anni e non è cambiato poi molto, almeno in superficie. Non ho ancora un lavoro e non lo sto nemmeno cercando, non ho le idee chiare e sembro la stessa di sempre anche se poi non è tanto così. Alcuni passi avanti li ho fatti, almeno credo o forse lo spero soltanto. Purtroppo sono i fatti a parlare ed i fatti, che sono molto più bravi di me a comunicare (dannati loro, devono aver fatto Scienze della Comunicazione!) dicono che un lavoro non ce l'ho, che un'idea di cosa fare della mia vita non ce l'ho e che me ne sto qui ad aspettare. I fatti però dicono anche che qualche piccola soddisfazione negli ultimi mesi l'ho avuta ma come al solito me la sono tenuta per me. Quando succede una cosa bella nella vita, seppur piccola, è normale raccontarla a tutti: amici, familiari, vicini di casa, pizzicagnolo all'angolo, sconosciuto in metropolitana, manichino al centro commerciale.. E' una cosa che rende orgogliosi e dà soddisfazione e non fai che parlarne.. diventi talmente monotematico che gli amici evitano di invitarti a cena per un po' nell'attesa che il fatto straordinario diventi solo un altro fatto passato. Per la maggior parte delle persone è così e lo trovo normale. Io però non ci riesco e non lo trovo certo normale ma comodo. Molto rassicurante. Certo parlarne significherebbe confrontarsi e mi arricchirebbe senza dubbio. Lo capisco ma non ci riesco e non so nemmeno se è per paura o soltanto per abitudine. 
Tengo tutto dentro e tutti fuori. 
Freud lo sa e ci stiamo lavorando, anche se non so bene come. Parlare come può risolvere i problemi? Non ci credo molto e poi è una cosa che non ho imparato da piccola, parlare. Però ho imparato tante altre cose: andare sull'altalena, leggere, scrivere, riconoscere le bugie, fare la treccia alla Barbie, giocare a briscola, mentire, nuotare, giocare a scacchi, fare finta di dormire mentre mamma e papà parlano, lavarsi i denti prima di dormire, amare i gatti, non fidarsi degli sconosciuti e fidarsi poco dei conosciuti, mangiare le verdure, tenersi tutto dentro, andare in bicicletta senza rotelle, farsi i tatuaggi con il pistillo dei papaveri, fare finta che vada tutto bene e pensare che la vita sia meravigliosa. Perché lo è. 

lunedì 13 maggio 2013

Chi non muore si rivede

A volte ritornano. Non ci pensi per un anno quand'ecco che poi, inesorabile ed inopportuno, si rifà vivo. Di nuovo oggi. Di nuovo il mio compleanno.
Non mi piace il giorno del mio compleanno. Mi aspetto sempre troppo da lui. Stupidamente penso di dover festeggiare, di dover fare qualcosa di speciale, qualcosa che ricorderò negli anni a venire. Come che so.. andare in cima al Monte Rushmore a fare un pic nic sulla testa di Roosevelt, passare il pomeriggio a comprare vestiti vintage da sfoggiare la sera stessa alla festa a tema organizzata in mio onore, oppure passare la giornata a vedere vecchi film in un cinema prenotato solo per me.
Così, quando mi ritrovo a non fare nulla e a vedere il giorno che passa come se nulla fosse, divento lievemente triste e delusa. E' un giorno come un altro, mi dico.. lo so che non dovrei attribuirgli tutta questa importanza. Il fatto è che per tutta l'infanzia sono stata parecchio sola ma mai e poi mai il giorno del mio compleanno! Il giorno del mio compleanno i miei genitori organizzavano sempre una festa ed invitavano i miei compagni di scuola oppure altri amici o parenti. 
Non ero mai sola il 13 maggio. E festeggiavo. 
Anche durante il liceo, quando facevo parte del ristretto gruppo degli "sfigati" e avevo solo tre-quattro amici, organizzavo comunque qualcosa: un'uscita per prendere un gelato, un pomeriggio da me con tanto di torta fatta da mia madre, o addirittura una festa serale per pochi intimi. Crescendo si finisce per festeggiare sempre di meno mentre si invecchia sempre di più.. argh.. non mi piace compiere gli anni, anche se sembro più giovane. Secondo Freud non è paura di invecchiare: gli anziani non amano compiere gli anni perché questo gli ricorda le persone che hanno perso nel corso del tempo. Praticamente sono un'ottantenne col corpo di una ventenne che oggi compie trentatré anni mentre pensa agli affetti perduti e rimpiange le festicciole affollate di quand'era bambina.

Non mi piace compiere gli anni ma mi piace ricevere gli auguri. Dai familiari, dagli amici veri o presunti, dalle persone che mi conoscono appena, da chi non sento mai e da chi ho visto una sola volta.. auguri fatti di persona, per telefono, via sms, su facebook.. non importa, sono tutti egualmente graditi e mi fanno molto piacere!
Non ho fatto nulla di eccezionale oggi ma c'è stata la torta e c'è stata la candelina. Mia madre ha accennato un timido "tanti auguri a te" quando ho spento la candelina e mio padre ha perfino scattato un paio di foto. Tutto ciò fa di oggi il mio compleanno e io l'ho festeggiato. In fondo mi basta una torta e una candelina per renderlo memorabile.

martedì 7 maggio 2013

Forma e contenuto

Ho finito di leggere un libro, un libro che mi è piaciuto, e molto.
Soprattutto lo stile, è proprio lo stile che piace a me, oserei dire che.. è il mio stile! Capita a volte di imbattersi in uno di quei libri che ti piace anche se la storia non va come vorresti. A metà libro ho giusto pensato: Se non finisce come vorrei non importa, questo libro mi piace e continuerà a piacermi!
In genere sono più un tipo da contenuti che da forma. Ma con i libri è diverso perché la forma è parte del contenuto e se la forma non mi piace possono anche raccontarmi la storia più bella mai scritta: farei una gran fatica a finire di leggerla. Nel libro forma e contenuto sono un tutt'uno, finiscono per confondersi tra il bianco della carta e il nero dell'inchiostro. In passato mi è capitato di lasciare dei libri in sospeso. A mia discolpa c'è da dire che ci ho provato, davvero! ma non sono riuscita ad andare più avanti di pagina 18, 22, 37 o.. insomma non li ho finiti! E non ci trovo nulla di male. Me l'ha insegnato Pennac a più o meno quattordici anni che ho il diritto di saltare le pagine, di non finire il libro, di spizzicare..
Anche se non mi sento in colpa nei confronti dei suddetti libri, credo che prima o poi dovrò scusarmi con ognuno di loro e con i rispettivi autori. Magari fra qualche anno provo a riprendere in mano.. che ne so, Il nome della rosa. Scusami Umberto Eco ma non ce l'ho fatta! era ancora il periodo del liceo classico e dell'incubo delle versioni di latino e per di più il film mi aveva già spoilerato le parti migliori.
Ecco una cosa che mi infastidisce: leggere un libro di cui ho già visto il film e vedere un film di cui ho letto il libro (ok, facciamo che sono due le cose che mi infastidiscono). In entrambi i casi è una delusione. Adesso che ci penso mi vengono in mente davvero pochi casi in cui mi è capitato: o leggo il libro o vedo il film, oppure al limite leggo prima il libro e poi vedo il film. Mi piace immaginarmeli i personaggi e i luoghi in cui si muovono. Se vedo prima il film tutto ciò viene meno ed ogni cosa che leggo già la conosco per come l'ho arbitrariamente vista rappresentata. Che fastidio! ma non stavolta.. stavolta è stato tutto perfetto. Un libro che sapeva di buono, che mi è piaciuto molto e che non dimenticherò, nonostante il finale.. che è un ottimo finale ma di quelli che mi fanno venire voglia di telefonare all'autore e di chiedergli: <E poi? Non puoi lasciarmi così.. Voglio saperne ancora, dimmi qualcosa di più!>
Insomma, il tipo di finale che ogni libro dovrebbe avere.

lunedì 15 aprile 2013

Eppur non si muove

Sto iniziando a muovermi. Senza andare ancora da nessuna parte.
In effetti parlare di movimento è forse un tantino esagerato! Più che altro sto iniziando ad oscillare dal mio piedistallo, nemmeno fossi una di quelle statuine di porcellana che raffigurano donnine con cagnolino e cestino di fiori annesso. Le classiche statuine che trovi nelle case delle nonne, su una qualche mensola in salotto o su uno di quei vecchi mobili di legno tutti tarlati e con i merletti ingialliti sopra. Per sfuggire ad una vita di polvere, odore perenne di soffritto e naftalina, visione di gambaletti anti-vene varicose e scarpe ortopediche, ogni tanto, e se stai molto attento, quelle statuine di Limoges o Capodimonte le vedi oscillare appena appena. E' solo il primo passo verso la libertà o la totale disfatta. Muoversi è pericoloso: c'è il rischio di cadere a terra e finire in mille pezzi. E la cosa peggiore di cadere e finire in mille pezzi è che potrebbero rincollarti e rimetterti esattamente dove stavi!

Così, iniziando ad oscillare e a muovermi senza andare avanti nè indietro ma solo in laterale, è arrivato il mal di mare. Le mie reminescenze mediche mi ricordano che il modo più pomposo per chiamarlo è chinetosi: un insieme di nausea, pallore, sudorazione fredda, ansia, aumento della salivazione e malessere generale. Le mie reminescenze mediche mi ricordano inoltre che il mal di mare è normale quando si oscilla come faccio io, stimolando i poveri otoliti del mio orecchio interno. Devo dire che le mie reminescenze mediche sono alquanto noiose.. però mi fanno illudere che sia tutto normale: che io sia agitata mentre sto sulla mia mensola e oscillo nel vuoto è più che logico. Quindi mi tengo l'ansia, il malessere generale, la paura e continuo ad oscillare finché non inizierò ad andare dritta.

lunedì 25 marzo 2013

Bambolina voodoo

Non mi ero mai chiesta come potesse sentirsi una bambolina voodoo. Adesso credo di saperlo. Qualche giorno fa ho fatto il mio primo agoaspirato. Ero lì, distesa sul lettino, immobile, un po' spaventata e senza alcuna intenzione di reagire per non inficiare l'esame, e, mentre la dottoressa era intenta nel suo lavoro di carotaggio, pensavo appunto ad una bambolina voodoo. Non è che sia doloroso fare un agoaspirato al seno, però non è nemmeno piacevole.. Ti senti scrupolosamente punzecchiata, sempre nello stesso punto con insistenza, come se il medico un po' ci provasse gusto ad usarti da puntaspilli! Povere bamboline voodoo, nate proprio con l'intento di essere spillonate.. almeno io una volta fatto l'agoaspirato sono tornata alla mia solita vita! Mia mamma mi ha accompagnato in ospedale più agitata di me. Quando appartieni alla categoria "Donne munite di tette da tenere sotto controllo" c'è sempre qualcuno che ti accompagna a fare questi esami. Così ti ritrovi in una sala d'aspetto piena di donne. La sala d'aspetto è la stessa, sia che tu debba fare l'agoaspirato, la mammografia o l'ecografia, per questo è sempre piena e c'è un gran via vai di donne di tutti i tipi e di tutte le età.. Se hai una madre o una nonna (o entrambe, come me) che ha avuto il cancro al seno, di sicuro hai qualcuno che ti accompagna. Se sei tu quella che ha già avuto il cancro al seno allora è probabile che ad accompagnarti siano in tanti: tuo marito, i tuoi figli, tua sorella.. Se è solo per un controllo occasionale non ti accompagna nessuno e te ne stai tranquilla e serena. Negli altri casi non sei mai del tutto tranquilla ma lo nascondi bene, salvo poi tradirti una volta finita la visita: anche se va tutto bene hai quella spiacevole sensazione di lacrime trattenute.. Mentre aspettavo il mio turno mi guardavo intorno. La visione era insieme deprimente e confortante. C'erano donne che avevano voglia di parlare di quello che gli era capitato mentre altre non avevano nessuna intenzione di farlo. C'era la signora giovane con la parrucca che non gli si reggeva e ci scherzava ad alta voce con l'amica. Mi ha fatto sorridere e allo stesso tempo pensare che potrebbe capitare anche a me come a mia madre e a mia nonna prima di me: che inguaribile ottimista che sono eh? Niente ti fa amare tanto la vita quanto la morte o la sua temporanea vicinanza. Quindi immagino che se dovesse malauguratamente capitarmi di affrontare il cancro lo farò con in testa una bella parrucca rosa shocking o come minimo viola!

Fortunatamente il mio agoaspirato ha dato esito negativo: ho un fibroadenoma e per ora me lo tengo, devo solo controllarlo ogni sei mesi. L'ansia è passata ma l'idea della morte è riuscita di nuovo a farmi sorridere quando ho pensato che se potessi scegliere come morire vorrei farlo ricoperta di gatti. Li amo anche se non mi fanno respirare! Ho un animo da gattara e un'adorazione per i felini, nonostante mi facciano venire l'asma.. Però chi mai preferirebbe tenersi degli spugnosi e molli polmoni quando può avere dei teneri e soffici gattini? Così mi sono immaginata a letto, ricoperta di gatti di tutte le razze, colori e personalità.. una miriade di gatti da accarezzare e coccolare.. può sembrare inquietante ma a me ha fatto sorridere!

mercoledì 20 marzo 2013

Perché parlare quando si può scrivere?

Impariamo a parlare da piccoli. E' una cosa facile, o almeno così sembra.
Anch'io ho imparato come tutti, ma senza trovarci gusto. C'è chi prova piacere nel conversare mentre per me equivale a passeggiare a piedi nudi su un bel tappeto di puntine. E' tutto un <ahi! uuuh! aah!> e via dicendo.. Personalmente non ho mai parlato molto. A livello puramente teorico pratico il dialogo in maniera ineccepibile. Sono priva di cadenze e inflessioni dialettali e uso correttamente perfino il congiuntivo. Ma non sono brava a parlare, soprattutto di me. Non ne sono capace. Finché si tratta della teoria si che so dire frasi corrette, con verbi, sostantivi e tutto il resto messo lì al posto giusto, ma se devo parlare di me non ci riesco. Non mi piace parlare di me. E non sono nemmeno brava a spiegare le cose. Per fortuna si può scrivere! Così ho iniziato a scrivere questo blog che finora ho tenuto gelosamente per me. Solo alcuni amici fidati ne sanno l'esistenza.. più che altro è uno spazio tutto mio in cui posso essere me stessa, scrivere pensieri a ruota libera, raccontarmi, sfogarmi e magari trovare la soluzione alle domande fondamentali della vita: nella carbonara ci va la cipolla o l'aglio? ci si può vestire di bianco ai matrimoni? c'è un modo per far durare il rossetto durante la gara a chi mangia più angurie in un minuto?

lunedì 18 marzo 2013

Il paradosso della felicità

Il paradosso della felicità: per essere felice devi prima essere infelice.
Non c'è nulla da fare, ci devi passare per l'infelicità. Devi stare sufficientemente male e devi anche spendere del denaro. Parecchio denaro. Per quanto possa sembrare assurdo devi pagare per stare male per poi stare bene. Tutto ha un prezzo, soprattutto la felicità.. figuriamoci la salute!
Per poterti permettere di stare bene in un futuro prossimo devi avere del denaro da spendere in un presente imminente e questo implica avere un lavoro.. ecco un altro paradosso: come fai ad avere un lavoro se non stai bene e non sei felice? è anche per capire cosa vuoi fare nella vita e quindi per trovare un lavoro che vuoi stare bene ma a quanto pare un lavoro dovresti averlo già da prima altrimenti non hai denaro da spendere per stare male per poi stare bene..
Sono rinchiusa in un paradosso continuo e mi gira la testa.