venerdì 6 maggio 2016

Scriviamoci su

Quello che più mi sorprende, se penso a me quando avevo quattro anni, è quanto fossi intelligente.
Ero intelligente ed ero una bambina. Non bisognerebbe essere bambini intelligenti e adulti stupidi. Non che io sia stupida ma, pur comprendendo i meccanismi, le ragioni e le cause, non riesco a cambiare ciò che non mi piace. 
Ho studiato medicina perché ero davvero ipocondriaca e ho pensato che se avessi saputo tutto delle malattie, di come quando e perché accadono, allora non ne avrei avuto più paura. La conoscenza rende liberi, dice Einstein. No, la verità vi farà liberi, risponde Gesù. Ok, non litigate, dico io. Tanto sbagliate entrambi. La conoscenza e la verità non mi hanno fatto sentire meglio. Sapere cosa succede, il perché delle cose e delle azioni, non mi ha liberato. Sono un po' meno ipocondriaca, è vero. Si, sono migliorata in molte cose. Ma non sono ancora libera da quella sensazione dolorosa di quando a quattro anni mi sono sentita così sola che ho pensato che il mondo che conoscevo fino a quel momento si sarebbe disintegrato e niente sarebbe stato più lo stesso. Non ricordo esattamente cosa ho pensato in quel momento. Ero spaventata e angosciata e piangevo ma a nessuno importava, nessuno se ne curava. Forse ho pensato che non sarei sopravvissuta. Quel dolore avrebbe fatto collassare il mondo e ci avrebbe risucchiato. Poi qualcuno mi ha preso e portato via. E nemmeno se sono accorti che non c'ero più. Mi ha detto che sarebbe andato tutto bene e si sarebbero sistemate le cose. Ma io ero intelligente e sapevo che non era così, non poteva averne la certezza. Capii che era mia responsabilità sopravvivere al dolore e non far disintegrare il mondo. Spettava a me tenere insieme i pezzi. Sapevo che i due adulti che facevano parte del mio mondo non sarebbero stati capaci di farlo. Si erano dimostrati entrambi meno intelligenti di me. Erano troppo giovani per farcela senza il mio aiuto. Quindi dovevo sopravvivere e farli sopravvivere. In questi casi si trovano dei meccanismi di difesa che poi negli anni si rivelano uno schifo totale. Il problema allora diventa come eliminare questi meccanismi di difesa che ci incasinano, ci rendono stupidi e infelici e non liberi.
Ho iniziato a scrivere un diario a otto anni. La maestra delle elementari lo aveva dato come compito. Ho scritto diari su diari. Diari segretissimi e personali. Diari in cui annotavo solo quello che facevo, poche righe per ricordarmi che film avevo visto al cinema o come avevo passato le vacanze. Diari in cui scrivevo tantissimo, poi smettevo per pagine e pagine e magari a un certo punto riprendevo a scrivere. A volte scrivo qui perché ne sento il bisogno. Mi sento meglio quando scrivo. Mi sento meglio dopo aver scritto. Questo non è un meccanismo di difesa. I meccanismi di difesa fanno parte di come sono diventata e di quello che vorrei cambiare. Si attivano quando mi sento come a quattro anni, con quella sensazione insopportabile che deve andare via. Una disperazione senza causa apparente. E anche se so perché accade e anche se so la verità, non basta per sentirmi meglio e per superarlo. Poi succede questa cosa che forse è un meccanismo di difesa, non so. Succede che non mi piace la solitudine ma poi scelgo di stare sola, e non esco, rimango a casa, non telefono, mi comporto in modo da allontanare le persone. Sembra un controsenso. Sembra dire: è stata dura a quattro anni, so che non vuoi rivivere una cosa del genere ma ce la puoi fare. Se risuccede ce la farai.
Come si fa a liberarsi di qualcosa che ci ha fatto sopravvivere a quattro anni ma che ora non va bene? Credo comunque di aver fatto un buon lavoro con me stessa e di non essere male come adulta. Non so che senso abbia scrivere di questo adesso. Non so che senso abbia pensare che in fondo non sono male come adulta e chissà invece come sarei diventata se solo fossi stata una bambina meno intelligente. Tra pochi giorni è il mio compleanno. Dovrei essere orgogliosa dell'adulta che sono quanto sono orgogliosa della bambina che sono stata. Il mondo non si è disintegrato, la mia famiglia non è esplosa, tra una settimana compirò trentasei anni e non va così male.